Gaetano Masuzzo, su cronarmerina,scrive un’interessante ricostruzione dell’evoluzione dello stemma dei Trigona nel corso del tempo.

Nell’articolo, vengono indicate correttamente le origini germaniche della famiglia, cadendo in contraddizione facendo poi riferimento ai “normanni” e al loro credo religioso.

Masuzzo, infatti, scrive che nello stemma originario, come indicato dal Mugnos, erano presenti tre fasce ondulate che simboleggerebbero tre onde “in ricordo della discendenza dai Normanni,” e “il sole come simbolo della fecondità dei Trigona, posto a settentrione per indicare questa loro discendenza nordica”. 

Sempre su cronarmerina, Masuzzo, in un secondo articolo, afferma che le tre fasce ondulate sono presenti, “a simboleggiare l’eroismo dei Normanni,” mentre quella del sole sarebbe un riferimento all’adorazione “del Dio Odino, divinità germanica”.  Interpretazioni che appaiono essere in contrasto con le pur riconosciute origini germaniche della stirpe se non si considera il fatto che per “normanni” si debba intendere genericamente popolazione del Nord. Le onde potrebbero essere anche un riferimento alla vittoria navale ottenuta da Taddeo o Tedeo, nel 1101, a Taranto, su i saraceni (Prima Crociata) di cui lo stesso Masuzzo poi fa riferimento.

Statua di Marco Trigona della Floresta a Piazza Armerina

E’, certamente, molto complesso, oggi, ricostruire i diversi passaggi che hanno potuto portare, nel tempo, ai mutamenti che ogni singolo stemma nobiliare, nel tempo, può avere avuto. In questo senso, ciò che potrebbe avere indotto, nel 1568, Marco Trigona della Floresta, in punto di morte, a “eliminare” dal proprio stemma le tre fasce ondulate, potrebbe semplicemente essere stata la volontà di distinguersi rispetto altri rami della famiglia (Canicarao e Dainamare su tutti).

Il pentacolo o stella a 5 punte.

Mentre la trasformazioni degli altri essenziali simboli  presenti nello stemma (sole, stella a sei o 8 o 32 raggi, cometa, triangolo), invece, potrebbero essersi rese opportune, soprattuto da parte di una personalità religiosissima come MarcoTrigona della Floresta,  avendo presente la situazione politico/religiosa dell’epoca, i forti contrasti religiosi in atto, la “caccia alle streghe” diffusa, le seduzioni esoteriche esistenti (triangolo, pentagramma, esagramma, ecc), la spietata azione dell’Inquisizione. Un simile contesto storico, quindi, che avrebbe potuto portare Marco Trigona della Floresta, religiosissimo, ad assumere una particolare attenzione e prudenza spingendolo fino a manipolare lo stemma di famiglia eliminando quegli elementi che avrebbero anche generare sospetto. Lo stesso Masuzzo del resto, menziona i molti eretici condannati all’epoca: “…tanti matematici che pretendono leggere il passato, il presente e il futuro, sono stati ripetutamente condannati come eretici”. Quindi  è più che probabile che, l’evoluzione dello stemma sia dovuta proprio a una questione di opportunità politico-religiosa: niente più
stelle a 5 (pentacolo), 6 (esagramma giudaico), 8 (simbolo esoterico-occulto per eccellenza) punte; niente sole (simbolo esoterico-pagano) ma una più ragionevole “stella cometa” di più cristiana simbologia; il triangolo (trinacria) come simbolo principe della Sicilia della stirpe e non altri (triangolo come simbolo dell’occhio onnisciente).

GAETANO MASUZZo scrive:

Giacomo, sposandosi nel 1369 con Margherita d’Aragona, figlia di Sancho, figlio naturale (forse uno dei sette figli illegittimi) di Pietro d’Aragona II re di Sicilia (1305-1342), riceve da re Federico II d’Aragona III di Sicilia e II di Trinacria detto il Semplice (1341-1377), il privilegio di inserire lo stemma
originario, che il Mugnos nella sua opera Teatro Genologico² ci dice che “furono tre fasce ondose marine d’argento, e d’azzurro in campo d’oro” (foto 1), nell’aquila nera della Casa Reale d’Aragona. Pertanto, lo stemma originario della foto 1, al quale Giacomo aveva aggiunto il motto Vita, Lux, Opus (Vita, Luce ed Azione)³,  si trasforma in quello nella foto 2, ovvero in tre fasce ondulate, che simboleggiano tre onde in ricordo della discendenza dai Normanni, più il sole come simbolo della fecondità dei Trigona, posto a settentrione per indicare questa loro discendenza nordica, il tutto in campo azzurro: “Concediamo in perpetuo a Te e a tutti i successori della nobile Famiglia Trigona che all’antico stemma vostro siano aggiunti, in segno della nostra parentela, tre fasce ondulate di colore argento ed azzurro tracciate in campo aureo e un triangolo rivolto verso il sole in campo azzurro, nonché un’aquila posta sopra i colori”*.

Il privilegio del 1369, è confermato da re Ferdinando II di Castiglia il Cattolico (1452-1516) nel 1502 a Matteo (in alcuni testi Giovanni Matteo) Trigona I barone di Montagna di Marzocon lo stemma nella foto 3: uno scudo alla campagna mareggiata di argento dalla quale muove, a sinistra un triangolo d’oro rovesciato, con un sole dello stesso nel punto del capo. Lo scudo con corona, a secondo se di Principe-Duca-Marchese-Conte-BaroneNobile, è accollato ad un’aquila spiegata, nera, armata, imbeccata e coronata d’oro. Alla fine del XVI secolo il barone Marco Trigona alla sua morte, avvenuta nel 1598, nel testamento ordina di porre nella Chiesa Madre e negli altri edifici che ospitano le sue opere di carità, copie del suo stemma gentilizio perché possano servire di monito agli altri Signori per fare simili e maggiori opere di umana carità. Essendo il Barone religiosissimo egli non consente che nel suo stemma siano presenti le tre fasce ondulate, le quali, oltre a simboleggiare l’eroismo dei Normanni, possono alludere alla loro adorazione a Dio Odino, divinità germanica. Né vuole tollerare l’allegoria astrologicadell’antenata Margherita d’Aragona al marito Giacomo Trigona, consapevole che tanti matematici che pretendono leggere il passato, il presente e il futuro, sono stati ripetutamente condannati come eretici. Per questo sono soppresse dal suo stemma le figure delle tre onde marine e il sole, il quale viene sostituito con una stella luminosa a 6 o a 8 punte (foto 4). Dopo quasi due secoli, nel 1781 (per onor del vero, si riscontra anche in alcuni stemmi di epoca precedente, sino ad arrivare al periodo immediatamente dopo la dipartita di Marco Trigona, come dimostrano quasi tutti gli stemmi gentilizi voluti per sua espressa volontà in Cattedrale) è apportata una nuova modifica allo stemma da Don Gaetano Trigona e Parisi dei baroni di Sant’Andrea (1767-1837)6. Poiché la stella luminosa è molto somigliante ad una cometa, decide di sostituirla con la raffigurazione di una cometa vera e propria (foto 5) per simboleggiare il messaggio divino è la conseguente intercessione. Per tutti questi motivi verrebbe rappresentata “la cometa d’oro che indirizza il suo raggio verso il triangolo d’oro” ovvero la protezione divina che, come aggiungeva il motto della famiglia anch’esso sostituito, sarebbe valsa “Per sé e i successori in infinito“.

Gli stemmi di questa famiglia li troviamo ovunque, oltre che nella nostra Chiesa Madre poi Duomo e Cattedrale, da soli o assieme a quelli di altre famiglie imparentate, nelle chiese di S. Pietro, Sant’Anna Vecchia e Nuova, Cappuccini, Angeli Custodi, Crocifisso, S. Vincenzo, Santo Stefano, nella Commenda di S. Giovanni Battista, nel Palazzo Vescovile, sui portoni di numerosi palazzi civili di Piazza e fuori Piazza.

________________________________________________

² Don Filadelfo MUGNOS, Teatro Genologico delle Famiglie Illustri, Nobili, Feudatarie, et Antiche de’ Regni di Sicilia Ultra, e Citra, MESSINA 1670, Parte III, Libro VIII, p. 471.                                                                     ________________________________________________

³ “Questo motto alludeva al suo amore per Margherita d’Aragona ed aveva il significato seguente: Io vivo come un mare in tempesta, illuminatemi voi perché io sia degno di agire”. Anche Margherita d’Aragona, scelta come damigella di Compagnia dalla regina Costanza, aveva regalato a Giacomo, durante la cerimonia di creazione a Cavaliere nel 1362 a Messina, una ricca fascia di colore azzurro, raffigurante il firmamento, in cui superbamente risplendevano un triangolo illuminato dal sole quale simbolo allegorico come risposta che Ella dava all’invitto Cavaliere dal significato “Voi (cioè Giacomo) siete il sole sfolgorante della mia vita e l’immagine radiosa della mia salda passione“. Il simbolo del triangolo rappresentante il “Trigono di fuoco” considerato portatore di buon auspicio, era frutto degli studi di astrologia dei Caldei che, nonostante le numerose scomuniche papali, erano di gran moda alla corte di Sicilia e dei quali pare fosse appassionata la damigella d’Onore della Regina. (Francesco TRIGONA, RAGUSA 1928, pp. 7, 10).

________________________________________________

4In seguito al matrimonio nel 1516 con l’aidonese Elisabetta de Gaffori di Montagna di Marzo.

________________________________________________

Margherita interrogando l’oroscopo aveva constatato che le tre linee immaginarie che uniscono i tre astri (l’Ariete, simbolo del paziente e docile re Federico III il Semplice; il Leone, che stava a rappresentare la forza del cavaliere Giacomo Trigona; il Sagittario segno della pura verginità di Margherita d’Aragona) formavano il triangolo del fuoco (considerato sacro agli Dei), sul quale impera il sole come emblema maschile (fecondità dei Trigona), settentrionale (come la Patria degli antenati Normanni), diurno (il giorno è simbolo dell vita) e fecondatore (di alti spiriti come i guerrieri vittoriosi). Inoltre, che la terza parte dello zodiaco, contenente due pianeti di conforme natura (in questo caso il Leone Giacomo e il Sagittario Margherita) equidistanti, formano il trigono, considerato come presagio di buon auspicio, mentre al sole, che tutela e annuncia la vittoria e la bellezza, appartiene il cuore umano.

________________________________________________

6A pag. 18 del volumetto Origine e Significato dell’Arme e del Motto di Casa Trigona, RAGUSA 1928, l’autore Francesco Trigona aggiunge erroneamente a Gaetano Trigona, poi Cardinale della Romana Chiesa, il nome Felice. In realtà mons. Trigona, cardinale nel 1834, aveva altri 5 nomi, Maria Giuseppe Benedetto Placido Vincenzo ma non Felice. Inoltre, se la data 30 Settembre 1781, riportata nella stessa pubblicazione relativa al rilascio al futuro Cardinale dell’attestato di modifica dello stemma da parte del Senato di Piazza, è esatta, si desume che gli venne rilasciata all’età di 14 anni, essendo nato nel 1767.